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L’emergenza pandemica globale, che ha colpito anche l’Italia non ha fatto nascere lo smart working, ma è certamente innegabile che a causa del Coronavirus che il cosiddetto “lavoro agile” si sia molto diffuso anche in Italia. Questa modalità di lavoro diversa ha assunto un ruolo dominante sia per coloro che già lo utilizzavano, sia per la maggior parte dei lavoratori che ne erano stati esclusi . Figura 1 Osservatorio smart working della School of management del Politecnico di Milano - Dati 2020 È bene precisare comunque che più che di smart working si tratti in effetti di una remotizzazione del lavoro. Attuare il processo ha comportato per le aziende una revisione degli standard lavorativi tradizionali, che ha visto la necessità di organizzare il singolo lavoro per ogni dipendente in uno spazio più limitato, con un accesso ai documenti molto più in forma elettronica invece che nella forma cartacea tradizionale. Hanno dovuto pianificare un telecontrollo della presenza dei dipendenti, e la verifica puntuale dell’esecuzione dei propri compiti. È emersa l’esigenza, per le aziende, di fornire singolarmente, per coloro che fino a prima non ne erano provvisti, dotazioni hardware che consentissero il lavoro a distanza e la messa in atto di sistemi Cloud, per il salvataggio dei dati e nella garanzia della massima sicurezza informatica. Le società si sono dovute adoperare per mettere in atto la formazione del personale all’uso di sistemi elettronici che consentissero lo svolgimento di incontri e riunioni in sicurezza. Questa diversa condizione lavorativa ha permesso certamente, a tutti i lavoratori, di lavorare quotidianamente in un ambiente molto più agevole e di limitare lo stress dello spostamento casa-lavoro, specie nelle grandi città. Nella primavera del 2020 dopo la prima fase di lockdown nazionale, in concomitanza della ripresa delle attività, il lavoro tradizionale ha ripreso la sua ascesa, specie per le PMI, ma per le grosse realtà industriali, caratterizzate da un grande numero di dipendenti o situate nelle grandi aree metropolitane questa tipologia di lavoro permane ancora in modo predominante, e lo resterà certamente ancora per tutto quest’anno, cambiando certamente il futuro delle dinamiche lavorative alla quale ci si era abituati. Anche il settore della Supply Chain ha dovuto fronteggiare l’emergenza dal mese di Marzo 2020 adottando sistemi di lavoro a distanza. Il mondo del lavoro e la Supply Chain in modo particolare non sono esenti da importanti trasformazioni con effetti sulle metodologie di lavoro tradizionale ed un notevole impatto sul welfare dei lavoratori. La supply chain deve sviluppare soluzioni ad hoc costruite in base alle esigenze dei propri clienti, come per esempio, ma non solamente, definizione di fasce orarie di consegna delle merci personalizzate per ogni consumatore, riduzione dei tempi e di costi di consegna. Per fare questo è necessaria un’osservazione analitica delle nuove pratiche di lavoro e l’applicazione di correttivi in caso di effetti negativi sulla salute, con un particolare riguardo alle categorie protette. Le aziende dovranno necessariamente puntare su: • Formazione del personale • Sistemi di gestione della Salute e Sicurezza • Adesione a sistemi di promozione della salute Si dovrà giungere ad una nuova definizione di supply chain; una supply chain agile, con capacità di reazione rapida ad ogni evento esterno. Si potrà ottenerla attraverso un controllo minuzioso delle situazioni ed una raccolta dati, in tempo reale, che possano essere analizzati rapidamente da specialisti in grado di simulare soluzioni alternative in grado di supportare decisioni forti in un breve periodo . Il fattore critico di successo sarà la capacità da parte dell’azienda di traghettarsi da un approccio lean, ad un approccio agile. La necessità di ridisegnare la supply chain con nuove logiche volte alla minimizzazione dei rischi, usufruendo anche di metodologie innovative già affacciatesi nella filiera logistica da qualche anno. Partiamo dal presupposto che l’azienda abbia già dei processi ben definiti e che sia disposta a rimodellarli per far fronte ad esigenze nate da problemi rilevati sul campo (fattori interni) o da shock economici e/o sociali (fattori esterni). Il percorso di cambiamento dev’essere la comunicazione trasparente con tutti gli attori della catena, elemento che diventa fondamentale per una pianificazione strategica di tutta la produzione. Dato che la supply chain è composta da diversi attori, per fronteggiare repentini cambiamenti diventa assolutamente indispensabile fare conoscere ad ognuno di questi attori le variazioni al fine della ri-programmazione nel tempo più rapido possibile dei processi. loro per riprogrammare nel minor tempo possibile i processi. E questo diventa possibile solo se alla base vi è una condivisione chiara delle informazioni lungo tutta la filiera. In secondo luogo, si dovrà cambiare approccio passando da quello classico caratterizzato dalla massima efficienza a quello moderno basato sulla duttilità. Questo sarà possibile approcciando ai pilastri dell’Industria 4.0 come l’Internet of Things (IoT) e i Big Data.