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1 La struttura del Ricetto Castello del popolo, Pompei medievale del Biellese, silos fortificato: storici e studiosi hanno dato negli anni, molti titoli diversi a questo borgo unico. Ma il suo nome è “Ricetto”, dal latino “receptum”, che significa ricovero. E’ infatti un perfetto rifugio, temporaneo in caso di guerra, ma soprattutto contiene, e custodisce circa 200 unità, chiamate cellule, utilizzate come depositi, per i prodotti agricoli. E, secondo la tradizione, ogni famiglia di Candelo ne, possedeva una. Ogni cellula era composta da due piani, non comunicanti: quello inferiore, la cantina vera e propria, è un ambiente, a temperatura costante, circa 12-15 gradi, ideale per la vinificazione. Quello superiore, il “solarium”, è invece secco e caldo, adatto alla conservazione del grano. Il Ricetto ha una struttura, interna molto regolare: è attraversato da 5 rue, termine che deriva dal francese, e che indica le strade principali, abbastanza larghe, da essere percorse con i carri. Un asse viario divide perpendicolarmente il borgo, formando 10 isolati. Ogni isolato, è tagliato a sua volta da un vicolo chiamato “riana”, o rittana, o quintata, delle intercapedini molto strette, circa 60/70 centimetri, costruite per consentire il ricircolo dell’aria, e lo scolo delle acque; le riane erano utili per la prevenzione degli incendi, e proprio qui, in passato, si affacciavano anche le latrine. 2 Il palazzo del Principe. Il Palazzo del Principe è una costruzione eccezionale, per due motivi: è l’unica cellula all’interno del Ricetto alta ben quattro piani, ed è anche l’unica ad avere un uso abitativo. La sua origine risale al 4 febbraio 1489, quando Carlo di Savoia, concede a Sebastiano Ferrero, di costruire “unam domum fortem sive unum castrum” all’interno del Ricetto. Sebastiano Ferrero era un personaggio molto influente, dell’epoca: fu anche Consigliere di Stato, e Tesoriere Generale, del Ducato di Savoia e, successivamente, di quello di Milano. Appena acquisito Candelo, Sebastiano Ferrero, cerca di affermare la propria autorità, di feudatario e non solo fa abbattere alcune cellule, all’interno del Ricetto per costruire, questo suo nuovo palazzo, ma si arroga il diritto, di nominare i magistrati locali, pretende maggiori tasse, e soprattutto reclama la proprietà esclusiva dell’intero Ricetto. La comunità, che ha voluto, e poi costruito il borgo, si oppone con forza: ne scaturisce una lite, che si risolve solo grazie all’intervento della Corte sabauda: il 14 gennaio 1499, due giudici rigettano quasi tutte le richieste di Sebastiano, ribadendo in modo chiaro, che il Ricetto è proprietà collettiva dei Candelesi. Segue un periodo complicato per il Ricetto: dopo Sebastiano, il potere passa nelle mani del nipote Filiberto, che dà inizio alla dinastia dei Ferrero-Fieschi, e attua una spregiudicata politica di alleanze, che trascina Candelo nelle “Guerre d’Italia”. Nel corso di questi anni, il Ricetto viene occupato a più riprese, da Francesi, e Spagnoli. Ma ogni volta, i Candelesi hanno provveduto a riparare il simbolo della loro comunità. La famiglia Ferrero-Fieschi, resterà in possesso del Palazzo del Principe, fino al 1833. Successivamente il Palazzo ospitò, anche il primo teatro di Candelo: dotato di orchestra, galleria, e locali per gli attori, poteva ospitare fino a 140 persone. Danneggiato da un incendio il 2 dicembre 1923, il Palazzo, è rimasto abbandonato per molti anni. Dal 1949 ha ospitato per alcuni anni, anche alcune famiglie profughe dal Polesine, ed è per questo motivo che la Torre del Principe è ancora oggi, l’unica cellula nel Ricetto a cui è concessa l’abitabilità. 3 La produzione del Vino. Una delle funzioni principali del Ricetto, è sempre stata la conservazione dei vini, tanto da fargli, valere nel tempo l’appellativo di “cantina comunitaria”. I documenti storici, raccontano di due grandi torchi “a vite” per la spremitura dell’uva, presenti nel Ricetto. Per la loro installazione, furono creati ampi vani, eliminando la riana, e unendo due cantine vicine. Di uno dei due torchi resta, solo il contrappeso in pietra, con incisa la data 1667, oggi visibile nella piazzetta di ingresso, del Ricetto. Il secondo torchio, risalente al 1763, è ancora perfettamente conservato, ed è oggi uno dei più grandi d’Europa. Le sue dimensioni, suggeriscono chiaramente che si trattava di uno strumento utilizzato, da tutto il paese e conferma le origini, comunitarie del borgo: un popolo di contadini, che insieme hanno saputo realizzare, una grande meraviglia architettonica, come il Ricetto. 4 Mulini comunitari. La storia del Ricetto, è costruita con la pietra, oltre che con il sudore della sua gente, ma scorre anche sulle acque di questo territorio, ai piedi delle PreAlpi Biellesi. Su queste acque possiamo scorgere i riflessi, di un passato ormai perduto. Poco lontano scorre il Torrente Cervo, e ai piedi del Ricetto, derivati proprio dal Cervo, scorrono due rogge, la Roggia Molinara, e la Roggia Marchesa, voluta da Sebastiano Ferrero, (lo stesso che si occupò della costruzione, del Naviglio San Cristoforo, a Milano, su progetto di Leonardo). Due canali artificiali, utilizzati nel passato, per irrigare i campi, ma anche per far muovere macine, fucine ed altri macchinari produttivi. A Candelo, infatti si trovavano diversi mulini: il primo, cenno si trova nel secondo diploma, di Ottone terzo, del promo novembre, dell’anno 1000, da cui si deduce, proprio dall’utilizzo del plurale, che erano presenti più mulini. “... cortem candele in integrum cum suis ancillis, pratis, pascuis, venationibus, molendinis, silvis, teloneis, ecc” ... il villaggio di Candelo, integralmente con le sue ancelle, prati, pascoli, luoghi di caccia, mulini, selve, diritti di esazione, ecc... Nel 1776, il conte Carlo Luigi Fecia, cede alla Comunità i tre mulini, che vengono ristrutturati con la non indifferente spesa, di 5.313 Lire: il Mulino di Cima con 7 ruote, (5 per il grano, 1 pesta da riso, e 1 pesta da canapa). il Mulino di Mezzo, con le 2 ruote, da grano e Mulino, di Fondo con 4 ruote. (2 per il grano, 1 per il riso, e 1 per la canapa). La canapa, era allora alla base di un’intera grande filiera produttiva, e non era raro incontrare, oltre ai mulini anche i cosiddetti canepali, le fosse per la macerazione. Nel 1819, il Mulino, di Cima viene trasformato in una fucina. Al termine del XIX secolo, con l’avvento delle macchine, i mulini, divennero obsoleti e abbandonati. 5 Tecniche costruttive. La muratura, delle cellule del Ricetto è composta, in genere, da ciottoli disposti a spina di pesce uniti, da scarsa malta, forse in origine solo da argilla. Per garantire una certa solidità, alle due estremità, le parti sono inquadrate da dei cantonali: angolari in pietra, lavorata che sorreggono le mura. I ciottoli sono un “regalo”, del vicino Torrente Cervo, quindi un materiale di costruzione a km zero. Le parti più recenti, delle murature, e delle strutture, sono spesso quelle costruite in mattoni, anch’essi comunque ampiamente disponibili, grazie alla presenza di fornaci, nei pressi del Ricetto. Sui portali, e su alcuni elementi in pietra del Ricetto, sono state realizzate, nel corso dei secoli, alcune incisioni: elementi decorativi, difficilmente databili e interpretabili. Per alcuni avrebbero anche significati magici, ma la vera magia del borgo, è quella grazie a cui questo luogo, con una semplice passeggiata, sa riportarci indietro nel tempo.